Storia della Puglia
La storia della Puglia è storia di dominazioni e di miseria, perché questa terra è stata teatro di dominazioni e di abbandono. I resti archeologici ci testimoniano una preistoria lontanissima nei millenni.
Le stazioni e le tombe pugliesi e materane della civiltà del bronzo si collegano col gruppo appenninico: ricorderemo le grotte entro il Pulo di Molfetta, adattate e ampliate per uso di abitazione; i villaggi capannicoli di Coppa Nevigata, presso Manfredonia, di Terlizzi, Bari, Leporano e dello Scoglio del Tonno. In Puglia sono abbastanza frequenti le tombe megalitiche a dolmen, attribuibili a fasi recenti della civiltà del bronzo. Accanto ai dolmen, durante la civiltà enea, si ebbero anche tombe a fossa e tombe costituite da grotticelle funerarie, scavate artificialmente nel terreno e precedute da pozzetti di accesso (tomba a forno o di tipo siculo). Ai dolmen, nelle regioni pugliesi, si collegano altri monumenti megalitici: le pietre fitte o menhir, le specchie. Sul Gargano l’aspetto proprio della civiltà enea si attardò sino ad accogliere forme caratteristiche della prima civiltà del ferro, tra cui tumuli sepolcrali di pietrame, riparanti la cassetta funeraria. Verso la fine dell’VIII secolo a.C. si sviluppò una produzione vascolare, tipica e limitata alla Puglia per forme di vaso e decorazione geometrica dipinta.
Nei tempi storici, la Puglia appare abitata da popolazioni illiriche (Iapigi, Dauni, Peucezi, Messapi) e da colonie greche, tra le quali grandissima importanza ebbe la dorica Taranto. Dopo le guerre sannitiche e pirriche, conquistata Taranto (272 a.C.), Roma ridusse a città federate i centri della Puglia, dei quali molti si ribellarono durante la guerra annibalica e poi durante la guerra sociale. Nell’ordinamento augusteo, l’odierna Puglia fu compresa nella seconda regione, Apulia et Calabria. Benché nessun centro pugliese acquistasse mai in età romana grande importanza, tuttavia la Puglia raggiunse durante l’Impero un notevole grado di fioritura economica, soprattutto in quanto la sua posizione geografica ne fece un centro di comunicazioni di grandissima importanza, cui facevano capo, attraverso i porti, le grandi vie verso l’Oriente, Brindisi era il termine della Via Appia, che congiungeva la Puglia a Roma, insieme alla Via Traiana.
Con la caduta dell’Impero d’occidente, la regione conobbe devastazioni infinite, disputata da Bizantini, Longobardi e Franchi, e insidiata dai Saraceni. Inoltratesi sulla via di un’autonoma organizzazione civile e militare, alcune città, con una grande insurrezione sul principio del secondo secolo capeggiata da Melo, tentarono di liberarsi dal dominio bizantino. Ma proprio l’aiuto di avventurieri normanni decise della sorte loro, e tutta la Puglia entrò nell’orbita della nuova monarchia normanna; non mancarono le rivolte contro lo stato unitario accentratore, ma le ribellioni si conclusero, sotto Guglielmo I, con la parziale distruzione di Bari. Soprattutto con Guglielmo II i traffici commerciali con l’Oriente, in buon accordo con Venezia, dettero alla Puglia un periodo di prosperità. Divisa invece da odî tra città e città durante la difficile successione normanna, ritrovò ancora una relativa tranquillità sotto il ferreo governo di Federico II: sorsero cattedrali (Bitonto), fortezze (Castel del Monte), furono istituite fiere; furono favoriti gli scali alle navi veneziane e anche genovesi. Ma, durante il dominio degli Angioini, le cresciute gravezze generali e l’ostilità per i vantaggi accordati alle flotte forestiere ridettero alle città pugliesi varie ragioni di ribellioni, soprattutto quando gli Aragonesi disputarono la Puglia agli Angioini. Dopo la vittoria aragonese, la speranza di sfuggire all’avidità dai baroni facendo parte del regio demanio tenne fedeli le città, minacciate anche dalle scorrerie dei Turchi (1479-80). Ma Ferrante II, per far fronte alla guerra contro Carlo VIII di Francia, dette in pegno alcune città a Venezia, che ben presto trasformò il temporaneo possesso in conquista: veneziane così furono Trani, Brindisi, Otranto, Gallipoli.
La pace tra Francesi e Spagnoli (1529) riportava quasi tutta la Puglia sotto l’unico dominio spagnolo che fu pesante per la pressione fiscale, per il disordine amministrativo, per il rifiuto di rapporti commerciali con l’estero. Venezia, in particolare, stremò la Puglia, desolata da carestie, dalla malaria e dalla peste, dalla piaga di un inerte latifondismo e dalle speculazioni di avidi profittatori. Ciò nonostante, al gran moto di civile rinnovamento del regno, nel secolo XVIII, la Puglia partecipò attivamente, così come alla preparazione giacobina della rivoluzione napoletana. Dopo la dura occupazione militare del cardinale Ruffo, le riforme del decennio francese parvero restituire la Puglia a un vivere civile, ma sopravvenne la restaurazione borbonica del 1815, per la cui caratterizzazione basterà ricordare la legge del 1817, la quale stabiliva che il Tavoliere doveva ridiventare incolto. Sorsero numerose ed attive le sette e, dappertutto, i carbonari. L’insurrezione scoppiata a Foggia il 3 luglio 1820 trovò aderenti tra tutti i ceti. Ma, ritornato il governo borbonico, si andarono anche chiarendo le differenze, ché, su un comune sfondo antiborbonico, non si accordavano le tesi moderate e quelle ultraliberali, o quelle di rivoluzione sociale.
Il diffondersi però del Partito Nazionale d’azione, ma soprattutto il successo della spedizione garibaldina, fecero superare ogni differenza, tanto che il plebiscito per l’annessione al Regno d’Italia riportò una vittoria a favore quasi unanime. Ben presto però la mancata ripartizione delle terre demaniali, ch’era stata promessa, e la novità della coscrizione militare suscitarono una violenta ribellione, che, esauritasi, ebbe come strascico un lungo brigantaggio. La vendita, tumultuariamente eseguita, dei beni dell’asse ecclesiastico, o delle quote demaniali, mentre accrebbe la classe dei piccoli proprietari, incapaci però di trasformare redditiziamente le colture, non risolse il problema del proletariato, né il latifondo fu avviato dai suoi proprietari a più moderne colture. Accanto a questi gravissimi problemi del settore agrario, le città ritrovavano invece, nell’unità, nuova attività. Durante il ventennio fascista, furono stimolate opere, quali la costruzione del porto di Bari, divenuta sede di un’importante fiera («Fiera del Levante») e furono intensificati i traffici commerciali.
Ebbe così inizio la fioritura economica di questa terra che negli ultimi decenni tanto si è avvalsa del turismo sempre più intenso e qualificato.