Il Neolitico

È noto che nel Neolitico il Tavoliere fu interessato da un grosso processo insediativo testimoniato da migliaia di villaggi individuati attraverso l’aereofotografia e, in alcuni casi, verificati con ricognizioni sul terreno o indagati con scavi sistematici.

L’area prossima alla foce del Candelaro oggi è certo fra quelle meglio conosciute sotto questo profilo, grazie alle ricerche che da anni vi conduce l’Università di Roma: i villaggi trincerati (fra i quali ricordiamo Monte Aquilone, Masseria Candelaro, Coppa Nevigata, Santa Tecchia, Masseria Valente, Masseria Fontanarosa) erano ai margini delle aree emerse ad una distanza modulare di due chilometri con economia agricola e forse vicini all’acqua per forme di approvvigionamento a scopo irriguo, ma certamente per la raccolta dei molluschi: prova ne sono sin dalla meta degli anni ’50 i ritrovamenti di una particolare industria litica con puntine ritoccate utilizzate per l’apertura di gusci di cardium trovati in abbondanza in quel sito.

Ma il neolitico del territorio sipontino è legato anche alle singolari testimonianze di culto restituite dai rinvenimenti di Grotta Scaloria, presso il centro urbano di Manfredonia. Le esplorazioni compiute nel 1967 nella parte più profonda della cavità, della quale si conosceva dagli anni ’30 solo l’ambiente superiore, consentirono di riconoscere un luogo di culto delle acque; una vaschetta rettangolare tagliata nella roccia e dei vasi dipinti a bande rosse, dello stile detto ‘Scaloria Bassa’, posti su stalagmiti troncate, avevano la funzione di raccogliere le acque di stillicidio dalla volta, e un focolare con ossa animali semicombuste potrebbe provare lo svolgersi di pasti rituali. Se la parte bassa della grotta ebbe solo destinazione cultuale e solo nel Neolitico Superiore, l’ambiente superiore fu frequentato dal Paleolitico e fu finalizzato come necropoli contemporaneamente alla destinazione cultuale della parte bassa: infatti, scavi recenti compiuti nel 1978-1979 nel ‘camerone Quagliati’, cioè nell’ambiente ove Quagliati aveva rinvenuto vasi dipinti nello stile detto ‘Scaloria Alta’, hanno portato alla luce una sepoltura plurima di circa venti individui, bambini, donne e anziani, forse morti a causa di una epidemia.